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S.O.S. Relazioni di Coppia

Aggiornamento: 7 feb 2021

Nelle relazioni di coppia mettiamo in atto frequenti processi di distorsione/generalizzazione della realtà. Di frequente i partner comunicano in modo inefficace e hanno la sensazione di non capirsi. Ognuno dei due ha ben chiaro il concetto che vuole esprimere, ma sembra che l’altro sia proprio da tutta un’altra parte. Quante volte è capitato di sentire uno dei due accusare l’altro e gridargli “Tu non mi ascolti nemmeno quando parlo!”. Possiamo leggere questa fotografia del rapporto di coppia da un altro punto di vista: quello del linguaggio. Forse abbiamo usato delle parole che hanno un’energia vibrazionale che non risuona con l’altro. Forse abbiamo usato frasi mal costruite, dal contenuto poco coerente con i nostri veri stati d’animo. All’interno delle relazioni, inoltre, si giocano tutti gli automatismi derivanti dalle nostre ferite e dalle credenze limitanti contenute nell’inconscio. Quando stiamo con qualcuno, si attivano in noi la paura dell’abbandono, del tradimento, l’insicurezza, il senso di inadeguatezza, il sentirsi non visti, non riconosciuti, oppure sminuiti, svalutati. Leggiamo i comportamenti dell’altro in modo personale, cioè come se tutto fosse rivolto a ferirci ancora. Ma questo spesso è solo il riflesso di vecchie ferite che si riattivano in concomitanza con l’amore di coppia. Il partner rappresenta un universo che ricorda al nostro inconscio l’amore vissuto nella famiglia di origine, per cui iniziamo a proiettare su di lui/lei tutto ciò che non abbiamo ancora sciolto o risolto internamente. Ecco perché iniziamo a farci male e a proteggerci vicendevolmente. La relazione diventa un campo di battaglia in cui, armati e ben corazzati, cerchiamo di avere la meglio sull’altro, di farci dare ragione, di ottenere il risultato vincente, al fine di spostare l’attenzione dai nostri veri sentimenti che scaturiscono in realtà da ferite infantili. Se siamo convinti che sia l’altro “il cattivo”, allora non occorre scendere dentro di noi per vedere cosa ci fa davvero soffrire. Come nel film La guerra dei Roses, diventiamo grotteschi soldati determinati a raggiungere la vittoria, e le nostre armi sono le parole. Nella danza della manipolazione, i giochi di potere abbondano, le ferite aperte sanguinano per molto tempo, e alla fine sul campo restano solo morti e feriti. Nessuno vince, come in tutte le guerre dell’umanità. Spesso ci trinceriamo dietro ai giudizi su ciò che fa o non fa il partner, su ciò che ci dice o non dice abbastanza, su come dovrebbe comportarsi, su come dovrebbe esprimere amore e così via. In questo modo creiamo conflitti, tensioni, risentimento. Identificarci con il giudizio ci rende infantili nella relazione: iniziamo a pretendere che l’altro cambi come dei bambini capricciosi che poi si arrabbiano e scalciano oppure piangono disperati (con infinite sfumature nel mezzo). La nostra responsabilità non c’è, scarichiamo la colpa sull’altro. Ovviamente esistono situazioni in cui il male fatto al partner è reale e tangibile: c’è chi violenta, chi picchia, chi abbandona davvero senza una parola. In questi casi c’è davvero tanto dolore realmente provocato all’altro, ma ognuno ha la responsabilità a un certo punto di chiedersi a cosa serve un’esperienza così ed eventualmente di spostarsi e lasciar andare. Invece in molte relazioni questo non accade, proprio perché le ferite inferte nel presente nascondo quelle più profonde del passato e quindi paradossalmente c’è l’illusione inconscia che vada bene così. Togliendo quindi dalla casistica le situazioni appena descritte, nella maggior parte delle relazioni le forme di manipolazione e i giochi di potere sono molto frequenti e possiamo imparare ad accorgerci di questo iniziando proprio dal linguaggio che usiamo nella nostra quotidianità all’interno della relazione. Le manipolazioni sono strategie della nostra personalità che ci danno l’illusione di proteggerci dal male, dal dolore, dalla solitudine. Ci fanno credere che il problema non è nostro, ma lo crea il partner o la relazione. In questo modo ci teniamo lontano dal riconoscere le nostre ferite profonde e quindi dal guarirle.


Parola di Annalisa. Counselor




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